Il discoro di Hillary Clinton
DISCORSO INAUGURALE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE
Grazie! Grazie a tutti! Grazie di cuore!. È fantastico essere qui con tutti voi. È fantastico ritrovarmi a New York con la mia famiglia, con moltissimi amici, compresi i tanti newyorkesi che mi hanno concesso l’onore di servirli al Senato per otto anni. Trovarmi qui, dirimpetto alla sede delle Nazioni Unite, dove ho rappresentato il nostro paese in molte occasioni. Trovarmi qui, in questo splendido parco dedicato alla visione lungimirante dell’America, come fu quella di Franklin Roosevelt, che preconizzò la nazione che noi vogliamo essere. E in un luogo, come questo….senza soffitti! Sapete, le Quattro Libertà enunciate dal presidente Roosevelt rappresentano la testimonianza delle più alte aspirazioni del nostro paese e il monito di quanto resta ancora da fare in casa nostra e all’estero. I suoi ideali hanno ridato slancio alla nazione e hanno saputo ispirare i presidenti che lo hanno seguito.
Uno di loro è il presidente Barack Obama, nel cui governo ho ricoperto il ruolo di Segretario di stato, e un altro ancora è mio marito, Bill Clinton. Due democratici guidati dalla convinzione fondamentale che la vera e duratura prosperità dell’America dovrà essere costruita da tutti e condivisa da tutti. Il presidente Roosevelt si rivolse a tutti gli americani, invitandoli a fare la loro parte, e ogni americano seppe rispondere alla sua chiamata. Nelle sue parole, il segreto di un’America forte e ricca non era certo un mistero: “Uguaglianza nelle opportunità… lavoro per tutti coloro che sono in grado di lavorare… sicurezza per tutti coloro che ne hanno bisogno… la fine dei privilegi speciali per pochi… … la tutela delle libertà civili per tutti…. e un benessere sempre più diffuso e crescente per tutti.” Il suo programma mi sembra attuale e condivisibile ancora oggi. E su questo si fonda il contratto fondamentale del nostro paese: fate la vostra parte e andrete avanti. E quando tutti fanno la loro parte, anche l’America va avanti. Questo contratto ha ispirato intere generazioni di famiglie americane, compresa la mia. Grazie a quel contratto, mio nonno ha continuato a lavorare ogni giorno, per 50 anni, nella stessa fabbrica tessile di Scranton. Grazie a quel contratto, mio padre era sicuro che con i suoi sacrifici e risparmi la sua piccola impresa di tessuti stampati a Chicago ci avrebbe assicurato il benessere economico. E così è stato. Quando il presidente Clinton ha fatto rispettare quel contratto, il paese ha conosciuto il più lungo periodo di pace e prosperità nella sua storia, il pareggio di bilancio, e per la 1 prima volta in decenni siamo tutti cresciuti insieme: il 20 percento delle fasce più deboli ha visto aumentare il suo reddito allo stesso tasso percentuale del 5 percento delle fasce più agiate. Quando il presidente Obama ha fatto rispettare quel contratto, abbiamo risalito la china dall’orlo della recessione, abbiamo salvato l’industria automobilistica, assicurato la copertura sanitaria a 16 milioni di lavoratori e rimpiazzato i posti di lavoro persi più velocemente che dopo un crac finanziario. Ma non siamo più nel 1941, nel 1993, e neppure nel 2009. Oggi dobbiamo affrontare nuove sfide nella nostra economia e nella nostra democrazia. Stiamo ancora recuperando il terreno perduto per colpa di una crisi che si è innescata quando i valori tradizionali del nostro paese sono stati sostituiti da false promesse. Anziché far leva su un’economia costruita sul lavoro di ogni americano, e a vantaggio di tutti gli americani, ci è stato detto che se si tagliavano le tasse ai più abbienti e si modificavano le regole, il benessere dei pochi si sarebbe trasmesso anche a coloro che erano più in basso nella scala sociale. Che cosa è successo? Ebbene, anziché puntare al pareggio di bilancio con un sopravanzo in grado di cancellare il nostro debito pubblico, per ben due volte i repubblicani hanno tagliato le tasse ai più ricchi, hanno preso in prestito liquidità da altri paesi per finanziare due guerre, e il reddito delle famiglie ha iniziato la discesa. Sapete bene come sono andate le cose. Ma non è finito tutto qui. Com’è sempre accaduto, dalla fondazione del nostro paese, gli americani si sono rimboccati le maniche. Voi tutti avete accettato altri turni, cercato un secondo lavoro, accantonato per il momento tutte le spese per la casa… avete scoperto da soli come fare a rimediare al disastro. E oggi i cittadini ricominciano a pensare al futuro, ad iscriversi all’università, ad avviare un’impresa, ad acquistare una casa, finalmente a sentirsi in grado di mettere qualcosa da parte per la vecchiaia. Ci siamo rimessi in piedi. Ma tutti sappiamo che non stiamo ancora correndo, come dovrebbe correre l’America. Anche voi vedete multinazionali che rastrellano profitti record e manager che si attribuiscono stipendi d’oro, mentre la vostra busta paga langue. Mentre tanti di voi si danno da fare con due o più lavori per arrivare alla fine del mese, è sotto gli occhi di tutti che gli amministratori dei 25 principali fondi speculativi guadagnano più di tutti gli insegnanti della scuola materna dell’intero paese. E spesso pagano meno tasse di loro. Perciò è naturale chiedersi: “Quando raccoglierò i frutti del mio lavoro e del mio impegno? Quando potrò aiutare i miei figli a farsi strada?” “Quando?” E io vi dico, adesso. La prosperità non può essere riservata solo ai dirigenti d’impresa e agli speculatori finanziari. 2 La democrazia non è solo per i miliardari e per le multinazionali. Democrazia e prosperità fanno parte del contratto fondamentale di tutti. Siete stati voi a far risorgere il paese. E adesso è venuto il momento, è venuto il vostro momento di riaffermare le vostre conquiste e ripartire. E sapete una cosa? Il successo dell’America è il vostro successo. Per questo motivo ho deciso di scendere in campo per la presidenza degli Stati Uniti. Qui, sulla Roosevelt Island, andiamo incontro al nostro destino, per ognuno di noi e per questo paese che amiamo. Apro la corsa per la Casa Bianca, per far sì che l’economia funzioni per voi e per ciascun cittadino americano. Per coloro che hanno già raggiunto il successo e per quanti stanno ancora lottando. Per gli innovatori e gli inventori. Per coloro che sapranno scalare le barriere della tecnologia e scoprire nuove cure per le malattie. Per gli operai e per i lavoratori della ristorazione, che stanno in piedi dalla mattina alla sera. Per gli infermieri, che fanno i turni di notte. Per i camionisti, che viaggiano per ore e ore, per gli agricoltori che mettono il cibo sulle nostre tavole. Per i nostri militari, che hanno servito il paese. Per i piccoli imprenditori, che si accollano i rischi. Per tutti coloro che hanno subito perdite e rovesci economici, ma non si sono dati per vinti. Non scendo in campo solo per alcuni americani, ma per tutti gli americani. Le sfide del nostro paese non sono cominciate con la grande recessione e non finiranno con la ripresa economica. Per decenni, gli americani hanno incassato i colpi di grandissimi cambiamenti. I progressi della tecnologia e l’inizio della globalizzazione hanno creato nuove realtà economiche e spalancato nuovi mercati alle nostre esportazioni, ma hanno anche cancellato posti di lavoro e ridotto gli stipendi di milioni di americani. L’industria finanziaria e molte multinazionali hanno creato immense ricchezze per pochi, mirando troppo al profitto a breve termine e troppo poco ai benefici a lungo termine… troppo a complicate transazioni commerciali e riacquisti azionari, e troppo poco agli investimenti per le nuove imprese, per nuovi posti di lavoro, e per l’equità salariale. Il nostro ordinamento politico è talmente paralizzato da intoppi e disfunzioni che la stragrande maggioranza degli americani non crede più che qualcosa possa effettivamente muoversi. E ha perso fiducia nella capacità di cambiare rotta, sia del governo che dell’economia. Ebbene, se è lecito attribuire la colpa di questo stato di cose ad alcuni fattori storici, al di là del nostro controllo, è pur sempre vero che le scelte fatte come nazione, come 3 leader e cittadini, hanno svolto anch’esse un ruolo importante. Il nostro nuovo presidente dovrà lavorare con il Congresso e con tutti i partner disponibili da un capo all’altro della nazione. Ed è questo che io farò – per cambiare rotta, affinché queste correnti vadano a nostro favore, e non contro di noi. Ed è questo il nostro talento migliore: noi sappiamo risolvere i problemi, non nasconderli sotto il tappeto. Non rifuggiamo dal cambiamento, ma sappiamo imbrigliarlo e guidarlo. Ma non sarà possibile far questo se torniamo a quelle politiche economiche dall’alto verso il basso che ci hanno danneggiato in passato. Gli americani hanno capito ciò che è accaduto e non si lasceranno ingannare un’altra volta. Se oggi ci sono nuove voci nel coro presidenziale repubblicano, cantano ancora tutti la stessa vecchia canzone… Una canzone intitolata “Yesterday”. Sì, proprio quella! “sembra che le nostre preoccupazioni ci faranno ancora soffrire” … “e cerchiamo un posto per nasconderci”… Loro credono a ieri. E siete fortunati che non ho provato a cantarvela, credetemi! Questi repubblicani si sbracciano per promettere nuovi tagli fiscali ai ricchi e meno regole per le grandi imprese, senza tener conto che così facendo aggraveranno ancora di più le disuguaglianze di reddito. Conosciamo bene i loro programmi e sappiamo tutti a che cosa porteranno. Chiedete a questi candidati che cosa propongono per i cambiamenti climatici, una delle peggiori minacce dei nostri giorni e vi diranno: “Non siamo scienziati.” Ebbene, allora perché non ascoltano quelli che invece scienziati lo sono? I repubblicani vogliono cancellare le normative stringenti su Wall Street, anzichè tenere sotto stretto controllo le banche che presentano ancora troppi rischi, e così facendo spianano la strada a futuri fallimenti. Qui siamo proprio di fronte a un caso di amnesia collettiva. Vogliono togliere l’assicurazione sanitaria a più di 16 milioni di americani senza offrir loro nessuna alternativa credibile. Dimostrano scherno e disprezzo per le donne, anzichè rispettare i nostri diritti riguardo salute e maternità. Minacciano di deportare gli immigrati, che lavorano e pagano le tasse. E negano i diritti agli omosessuali che si amano. Essenzialmente, i repubblicani respingono tutte le misure necessarie a costruire un’economia inclusiva. E per farlo, occorre creare una società inclusiva. Quello che una volta ho definito “il villaggio” capace di accogliere chiunque. Ebbene, i miei valori e l’esperienza di una vita intera mi hanno dato una visione diversa dell’America. Io credo che il successo non si misura in base alla ricchezza degli americani più agiati, ma da quanti bambini riescono a uscire dalla povertà… 4 Si misura in base a quante start-up e nuove piccole imprese nascono e prosperano… A quanti ragazzi riescono ad andare all’università senza restare sommersi dai debiti… A quante persone riescono a trovare un buon posto di lavoro… A quante famiglie sanno farsi strada nella vita e guardare al futuro con ottimismo. Tutto questo non l’ho imparato dalla politica, ma dalla mia famiglia. Mia madre mi ha insegnato che noi tutti abbiamo bisogno di un’opportunità e di un appoggio. Lei sapeva bene che cosa significava vivere senza nessuno dei due. I suoi genitori l’avevano abbandonata e a 14 anni è stata costretta a guadagnarsi da vivere come domestica. Tanti anni dopo, quando ero grande abbastanza per capire, le chiesi dove avesse trovato la forza per andare avanti. E sapete che cosa mi ha risposto? Una cosa molto semplice: la generosità di qualcuno che credeva in lei. Era stata la sua maestra in prima elementare ad accorgersi che mia madre non aveva niente da mangiare a pranzo e, senza metterla in imbarazzo, aveva cominciato a portare qualcosa in più da dividere con lei. La signora per cui lavorava le aveva dato il permesso di finire la scuola, a condizione che svolgesse puntualmente tutto il lavoro di casa. Un’occasione, quella, che mia madre aveva accettato con gioia. E siccome qualcuno aveva creduto in lei, lei ha creduto in me. Ed è per questo che io credo con tutto il cuore nell’America e nel potenziale di ciascun americano nel saper affrontare ogni sfida. Nel dimostrarsi flessibile, per accogliere tutto quello che il mondo ci presenta. Nel risolvere anche i problemi più difficili. Sono convinta che noi possiamo fare tutte queste cose, perché ne ho esperienza diretta. Da ragazza, nella mia parrocchia mi occupavo dei bambini dei braccianti messicani, mentre i genitori erano al lavoro nei campi al fine settimana. E in seguito, durante gli studi di legge, ho chiesto al Congresso di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti agricoli, perché i loro figli meritavano di farsi strada nella vita. Il mio primo lavoro, appena laureata, è stato presso la Fondazione per la difesa dell’infanzia. Sono andata a bussare a tutte le porte per scoprire quanti bambini disabili non potevano recarsi a scuola e ho contribuito a una proposta di legge per garantire anche a loro il diritto allo studio. Quando sono stata a capo della Legal Services Corporation, ho difeso i diritti dei poveri ad avvalersi di un avvocato. E ho visto la trasformazione di tante vite umane, quando abbiamo siamo riusciti a terminare una relazione violenta o a fermare uno sfratto illegale. In Arkansas, ho monitorato gli studenti di giurisprudenza che lavoravano nei tribunali e nelle carceri, ho organizzato borse di studio per consentire a madri e padri single di andare all’università, mi sono battuta per avere scuole e cure mediche migliori, e ho 5 conosciuto di persona tanta gente che è riuscita a superare momenti difficili. Da senatrice, ho avuto l’onore di rappresentare i valorosi vigili del fuoco, agenti di polizia, personale medico, operai edili e volontari che hanno saputo affrontare il pericolo l’11 settembre e sono rimasti al loro posto, mettendo a grave rischio la loro stessa salute. Ci sono voluti anni di battaglie, ma alla fine il Congresso ha approvato tutte le cure mediche indispensabili per loro. Ancora oggi mi porto dietro il volto e le storie di tante persone che si sono sacrificate per accorrere in aiuto, e che da ultimo hanno avuto loro stesse bisogno di aiuto. Poche settimane fa ho conosciuto un’altra persona così, una madre single che fa l’impossibile per allevare tre figli e terminare gli studi universitari. Lo sa benissimo, che la sua vita non sarà facile. Eppure mi ha chiesto: che cosa si può fare per aiutare famiglie come la sua? Io voglio essere il suo difensore e il vostro difensore. Se me ne darete l’opportunità, io vi prometto di ingaggiare Quattro Battaglie per tutti voi. E di vincerle. La prima battaglia sarà quella di mettere l’economia al servizio del cittadino comune, non solo dei ricchi. Restituire un senso alla classe media e alla mobilità sociale, favorendo l’aumento del reddito e allargando gli orizzonti. E dare ai poveri l’occasione di accedere alla classe media. La classe media ha bisogno di maggior crescita e di maggior equità. Crescita e giustizia sociale procedono di pari passo. Per assicurare la prosperità al paese, non si può avere una senza l’altra. Vi chiedo se questo è possibile nel mondo di oggi? Io ci credo, altrimenti non starei qui davanti a voi. Sarà un’impresa facile? Certo che no. Ma ecco la bella notizia: ci sono ovunque alleati del cambiamento che sanno benissimo che non possiamo restare a guardare mentre le disuguaglianze sociali si aggravano, i redditi ristagnano, e la promessa americana si spegne. Noi accoglieremo con entusiasmo il sostegno di tutti gli americani che vorranno accompagnarci in questo percorso. Ci sono funzionari pubblici che sanno benissimo che gli americani si meritano di più, e di meglio. Ci sono capi d’impresa che vogliono innalzare gli stipendi dei lavoratori, garantire parità di trattamento economico alle donne ed abolire tutte le discriminazioni contro la comunità LGBT. Nel mondo della finanza, ci sono dirigenti che vogliono meno transazioni a breve termine e più investimenti a lungo termine. Ci sono capi sindacali che investono i propri fondi pensione per rilanciare l’occupazione e costruire l’economia di domani. Noi vogliamo che tutti costoro vengano al tavolo negoziale per lavorare insieme a noi. Nelle settimane che verranno, avanzerò proposte specifiche per: 6 premiare le imprese che investiranno in programmi a lungo termine, anziché inseguire profitti facili e immediati; perché un impegno sul lungo periodo stimola una maggior crescita economica, l’aumento della retribuzione per i lavoratori e infine, sì, crea anche profitti maggiori per l’azienda. Una situazione vincente per tutti. Mi impegno a rivedere il fisco in modo che vengano premiati il lavoro e gli investimenti in patria, non rapide transazioni e l’accumulo della ricchezza all’estero. Garantirò nuovi incentivi alle ditte che distribuiranno una quota equa dei profitti ai lavoratori, come riconoscimento del loro impegno. Sapremo dar spazio a una nuova generazione di imprenditori e titolari di piccole imprese con agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche, e facilitando la concessione di prestiti. Riporteremo l’America all’avanguardia dell’innovazione, della scienza e della ricerca, aumentando gli investimenti pubblici e privati. E faremo dell’America la superpotenza dell’energia pulita del 21° secolo. E lo faremo favorendo lo sviluppo delle energie rinnovabili – eolico, solare, biocombustibili… Costruendo centrali elettriche pulite, reti di distribuzione intelligenti, edifici rispettosi dell’ambiente… Tasseremo l’estrazione dei carburanti fossili e utilizzeremo quegli introiti per proteggere l’ambiente… E per facilitare la transizione delle regioni svantaggiate verso un futuro economico più diversificato e sostenibile, che siano le zone di estrazione del carbone o le riserve indiane, le cittadine del delta del Mississippi o la valle del Rio Grande fino ai nostri centri metropolitani impoveriti, potremo contare sull’aiuto di tutti i cittadini americani. Questo progetto saprà stimolare l’occupazione e creare nuove imprese, riportando l’America alla testa della battaglia globale per contrastare i cambiamenti climatici. Noi sapremo anche collegare i lavoratori con le loro imprese e posti di lavoro. I clienti saranno facilitati nel fare i loro acquisti se avranno a disposizione strade, ferrovie, ponti, porti e aeroporti, e i servizi di banda larga degni degli standard globali del 21° secolo. Fonderemo una banca per le infrastrutture e immetteremo sul mercato obbligazioni per finanziare questi programmi. Ma per costruire l’economia del futuro occorre investire sulla nostra principale ricchezza, la nostra gente, a cominciare dai più piccoli. A questo scopo istituiremo servizi all’infanzia di qualità, partendo dalla scuola materna, che saranno fruibili da tutti i bambini in America. La ricerca ci dice che l’apprendimento nei primi cinque anni di vita è cruciale per il successivo sviluppo del bambino. L’80 percento del cervello si sviluppa entro i primi tre anni di vita. E questo, a mio avviso, rappresenta l’argomento più convincente per dare avvio a questa riforma. Il talento è universale – si trova ovunque – ma non così le opportunità. Sono ancora troppi i nostri ragazzi ai quali viene negata la possibilità di imparare e di eccellere: questo è un loro diritto, come è nostro dovere assicurar loro tale possibilità. 7 Il nostro paese non potrà essere competitivo nè giusto se non sapremo aiutare un numero sempre maggiore di famiglie ad assicurare ai loro figli una buona partenza nella vita. Perciò chiamiamo a lavorare nelle nostre scuole primarie e secondarie i migliori insegnanti in assoluto, e assicuriamo loro il rispetto che meritano per saper accendere in ogni bambino l’amore per lo studio. Facciamo in modo che l’università sia accessibile a tutti, affinché tutti i ragazzi possano permettersi gli studi superiori, sgravandoli dal fardello dei debiti. Facciamo in modo che i lavoratori abbiano a disposizione la formazione continua, per acquisire nuove competenze o migliorare le capacità richieste dall’economia, in modo che sempre più cittadini abbiano modo di rilanciarsi e di realizzarsi. La seconda battaglia sarà quella di rinsaldare le nostre famiglie, perché quando la famiglia è forte, anche l’America lo è. Le famiglie di oggi si ritrovano ad affrontare nuove difficoltà e pressioni. Ai genitori occorrono maggior sostegno e flessibilità per poter svolgere il loro lavoro in ufficio e in casa. Voi avete diritto alla retribuzione nei giorni di malattia. Voi avete diritto a ricevere l’orario o il programma di lavoro con sufficiente anticipo per poter organizzare la cura dei figli o la frequenza di corsi di formazione per migliorare le vostre prospettive di carriera. Voi avete diritto a pensare con gioia al pensionamento, non con ansia e preoccupazione. Voi avete diritto a vivere serenamente, sapendo di poter contare sulle cure mediche quando ne avrete bisogno, senza bruciare tutti i risparmi. Voi avete diritto a permessi retribuiti per motivi familiari in modo che nessuno debba più scegliere tra andare a lavorare oppure badare a un figlio o a un parente malato. Ed è ora di finirla una buona volta con lo scandalo di tante donne pagate meno degli uomini sul posto di lavoro – e delle donne di colore, che spesso guadagnano ancora meno. Non è un problema delle donne, questo. È un problema delle famiglie. Proprio come innalzare il salario minimo è un problema delle famiglie. Allargare i servizi all’infanzia è un problema delle famiglie. Il calo dei matrimoni è un problema delle famiglie. La sproporzione nel tasso di incarcerazione è un problema delle famiglie. Fornire servizi di cura e supporto alle tossicodipendenze e alle malattie mentali è un problema delle famiglie. In America, nessuna famiglia deve sentirsi esclusa. Alle famiglie degli immigrati che lavorano e rispettano le leggi occorre fornire un corridoio preferenziale verso la cittadinanza. Non una condizione di serie B. E occorre proibire ogni genere di discriminazione verso gli americani LGBT e le loro famiglie in modo che anch’essi possano vivere, imparare, sposarsi e 8 lavorare come tutti gli altri. La diversità dell’America, la nostra accoglienza, il nostro rispetto per la libertà e i diritti umani sono i punti di forza che attirano tanti nel nostro paese, e sanno ispirare uomini e donne in tutto il mondo. Lo so benissimo. L’ho visto con i miei occhi. E queste sono anche le qualità che ci preparano al meglio per affrontare le esigenze di un mondo che è sempre più interconnesso. Veniamo alla terza battaglia: saper imbrigliare tutta la potenza dell’America, le sue migliori intelligenze e i suoi valori per conservare la nostra leadership per la pace, la sicurezza e la prosperità. Nessun altro paese al mondo è in una posizione migliore per eccellere nel 21° secolo. Nessun altro paese è più dotato di noi per affrontare le minacce storiche provenienti da nazioni come Russia, Corea del Nord e Iran, e per rispondere adeguatamente all’emergere di nuove potenze come la Cina. Nessun altro paese è più preparato di noi a reagire alle nuove minacce che ci vengono dagli attacchi cyber, dalle reti terroristiche transnazionali come l’ISIS, e dalle malattie che si diffondono superando oceani e continenti. In veste di presidente, farò tutto quello che è in mio potere per la sicurezza dell’America. Se guardate alla mia sinistra, vedrete il nuovo World Trade Center che svetta verso il cielo. Come senatrice di New York, mi sono prodigata per assicurare alla città e al suo stato tutto l’aiuto necessario per superare il trauma dell’11 settembre. Come membro del Comitato per le forze armate, ho lavorato per mantenere un esercito forte, ben addestrato e ben equipaggiato, pronto a far fronte alle minacce di oggi e di domani. E quando i nostri valorosi uomini e donne tornano a casa dalla guerra o vanno in congedo, farò in modo che non ricevano solo i ringraziamenti di una nazione riconoscente, ma anche le cure e i benefici che si sono guadagnati. Ho tenuto testa a nemici come Putin e ho rafforzato i legami con gli alleati, come Israele. C’ero anch’io nella Situation Room quando bin Laden è stato eliminato. Tuttavia, non basta essere forti, lo so benissimo. Occorre anche essere intelligenti. Per far fronte alle sfide globali di oggi occorre mettere in campo ogni elemento della potenza americana, come un’abile diplomazia, l’influenza economica e la costruzione di alleanze capaci di migliorare la vita di tanti esseri umani in giro per il mondo collaborando con la gente, non solo con i governi. Ci sono tanti focolai di guerre e di dissidi nel mondo, ma anche tante occasioni di interventi positivi. Sono convinta che il futuro ci riserva molte più occasioni che minacce, se sapremo esercitare una leadership creativa e fiduciosa, capace di condizionare gli eventi globali, anziché essere condizionati da essi. E sappiamo tutti che per essere forti nel mondo dobbiamo innanzitutto essere forti a casa nostra. Per questo motivo dovremo vincere la quarta battaglia: riformare il nostro governo e rilanciare la nostra democrazia, affinché siano davvero al servizio di tutti gli 9 americani. Occorre fermare il flusso incontrollato di finanziamenti segreti e poco trasparenti che stravolgono le nostre elezioni, corrompono il processo politico e soffocano la voce dei cittadini. I giudici della Corte Suprema devono proteggere il diritto di voto di ciascun cittadino anziché il diritto delle grandi imprese a comprarsi i voti. Se necessario, mi farò promotore di un emendamento alla costituzione per ribaltare la decisione della Corte Suprema nei confronti di Citizens United. Voglio facilitare l’esercizio del voto per ogni cittadino. A questo scopo ho proposto l’iscrizione universale e automatica e allargato il diritto al voto anticipato. Mi batterò contro gli sforzi dei repubblicani per limitare i diritti dei giovani, dei poveri, dei disabili e delle persone di colore. Hanno forse paura della democrazia, o di qualche suo aspetto? Ma per quanto noi vogliamo incoraggiare e facilitare il voto, è nostro dovere dare agli americani qualcosa per cui valga la pena votare. Il governo non potrà mai avere tutte le risposte, ma dovrà dimostrarsi un partner più intelligente, più semplice e più efficiente, un partner migliore della cittadinanza. Questo significa garantire al governo l’accesso alle forme più avanzate di tecnologia, in modo che tutti gli enti governativi possano servire meglio i loro clienti, ovvero il popolo americano. Abbiamo bisogno di competenza e innovazione dal settore privato, che ci aiuti a eliminare gli sprechi e a snellire i servizi. Ci sono tante cose che funzionano egregiamente in America. Per ogni problema, c’è qualcuno da qualche parte nel nostro paese che si impegna per risolverlo. Già da un pezzo la Silicon Valley ha risolto i problemi di condivisione e scalabilità. Molti stati stanno provando nuovi sistemi per ampliare il raggio dei loro servizi. E io voglio che anche Washington si metta al passo. Per far ciò, occorre un sistema politico capace di produrre risultati risolvendo tutti i problemi che ci impediscono di procedere speditamente, non un sistema bloccato da rigidità e interessi di parte. Sono pronta a cercare un accordo con amici e nemici, ma sono più che pronta a tener duro quando lo riterrò necessario. Mi è già capitato di dover impormi, da senatrice e segretario di stato, quando si è trattato di lavorare con i repubblicani per allargare la copertura sanitaria ai bambini e alla nostra guardia nazionale, o di migliorare i servizi di affido e il sistema delle adozioni, oppure per far approvare l’accordo che mirava alla riduzione delle testate nucleari russe puntate contro le nostre città. Da presidente, sarà sempre questa la mia linea di condotta. Noi americani abbiamo le nostre differenze, siamo capaci di bisticciare, inciampare e cadere; ma mostriamo il nostro lato migliore quando ci aiutiamo vicendevolmente a rialzarci, quando facciamo affidamento gli uni sugli altri. Come tutte le famiglie, anche la famiglia americana è più forte quando condividiamo le cose che ci uniscono e combattiamo contro chi vorrebbe dividerci. 10 In tutto il mondo, la gente mi ha chiesto: “Come fai a lavorare assieme al presidente Obama, dopo averlo combattuto con tanta determinazione in quella lunga campagna elettorale?” È una domanda comprensibile, se si pensa che in molti paesi al mondo perdere le elezioni significa ritrovarsi imprigionati o esiliati – o addirittura giustiziati – e non chiamati a ricoprire l’incarico di segretario di stato. Il presidente Obama mi ha chiesto di servire il nostro paese, e io ho accettato perché entrambi amiamo l’America. È così che facciamo le cose in America. Con lo stesso spirito, tutti insieme, sapremo vincere queste quattro battaglie. Sapremo costruire un’economia dove il lavoro e l’impegno vengono premiati. Sapremo rafforzare le nostre famiglie. Sapremo difendere il nostro paese e trovare nuove opportunità in tutto il mondo. E sapremo rinnovare la promessa della nostra democrazia. Questo sarà possibile se tutti noi faremo la nostra parte: in famiglia, sul posto di lavoro, nei sindacati, nei luoghi di culto, nelle scuole, e – sì – anche nella cabina elettorale. Voglio invitarvi a unirvi a me in questo sforzo. Aiutatemi a costruire questa campagna elettorale, sarà la vostra campagna. Parlate con i vostri amici, con i familiari, con i vicini di casa. Inviate il messaggio “JOIN” J-O-I-N al 4-7-2-4-6, Andate su hillaryclinton.com e registratevi per fare telefonate o il porta a porta. Non è un segreto che dovremo affrontare avversari potenti che faranno di tutto e spenderanno il possibile per diffondere una visione molto diversa dell’America. Ma io ho passato la vita a combattere per i bambini, per le famiglie e per il nostro paese. E non mi fermerò proprio adesso. Lo so benissimo quanto sia difficile questo lavoro. L’ho visto da vicino. Tutti i nostri presidenti entrano alla Casa Bianca con un aspetto fiero e baldanzoso. E poi li vediamo ingrigire giorno dopo giorno. Non sono certamente il candidato più giovane in questa campagna elettorale. Ma sarò la più giovane presidente donna nella storia degli Stati Uniti d’America! E anche la prima nonna. E ancora un vantaggio: non vedrete imbiancare i miei capelli durante la mia permanenza alla Casa Bianca, sono anni che li tingo! Sono felice di inaugurare un grande dibattito tra democratici, repubblicani e indipendenti. Non mi candido alla presidenza solo per quegli americani che già sono d’accordo con me. Sarò il presidente di tutti gli americani. Strada facendo, vi rivelerò un piccolo segreto. Non riuscirò sempre a raggiungere i miei obiettivi. Anch’io ho fatto i miei sbagli, e in tanti sono pronti a farmeli notare! E certamente non ho vinto tutte le mie battaglie. Ma leadership significa determinazione e scelte difficili. Bisogna andare avanti, malgrado le sconfitte e le delusioni, e insistere. Voi tutti sapete che mi hanno affibbiato i nomignoli più svariati nel corso degli anni – ma “rinunciataria” non è uno di questi. 11 Come tante altre cose nella vita, anche questo l’ho appreso da mia madre. Quando ero piccola, non mi ha mai permesso di indietreggiare davanti a un prepotente o a un ostacolo. In vecchiaia, la mamma è venuta ad abitare con noi, e non ha mai smesso di insegnarmi le stesse lezioni. Tornavo a casa dopo una giornata difficile al Senato o al Dipartimento di Stato, mi sedevo con lei al tavolo, nel nostro angolino della colazione, per sfogarmi. E lei mi ricordava perché continuiamo a lottare, anche quando le probabilità sono scarse e l’opposizione è feroce. Sento ancora la sua voce che dice: “La vita non è quello che ti succede, ma è quello che fai con quello che ti succede – allora riparti.” Mia madre è vissuta fino a 92 anni, e spesso ripenso a tutte le battaglie a cui lei ha assistito nel secolo scorso, tutti i progressi che questo paese ha saputo raggiungere perché gli americani si sono rifiutati di rinunciare o di retrocedere. Mia madre era nata il 4 giugno del 1919, prima ancora che le donne in America avessero il diritto di voto. Ma proprio quell’anno il Congresso approvò l’emendamento alla costituzione che cambiò le cose per sempre. La storia dell’America è fatta di conquiste, frutto di aspre battaglie. Ed è così ancora oggi. I nuovi capitoli vengono scritti da uomini e donne profondamente convinti che tutti noi – non solo alcuni, ma tutti – meritiamo di vivere esprimendo al massimo il potenziale che Dio ci ha donato. Non solo perché siamo un paese tollerante, generoso e compassionevole, ma perché diventiamo un paese migliore, più forte e più prospero quando sappiamo mettere al servizio della comunità il talento, il lavoro e l’ingegno di ogni singolo americano. Avrei tanto desiderato che mia madre fosse rimasta con noi più a lungo. Per vedere Chelsea diventare madre, per conoscere Charlotte. Avrei voluto farle vedere l’America che sapremo costruire insieme. Un’America dove, se fai la tua parte, raccoglierai i frutti del tuo lavoro. Dove nessuno è escluso, nessuno è lasciato indietro. Un’America dove un padre può dire a sua figlia: sì, puoi diventare tutto quello che vuoi. Anche il presidente degli Stati Uniti. Grazie a voi tutti. Che Dio vi benedica. E che Dio benedica l’America.
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