L’importanza dei centri anti-violenza
di Rosanna Di Bartolomeo per l’ANSA
Una catena ininterrotta di nomi e di storie. Tra gli ultimi quello di Fabiana, la sedicenne morta dopo essere stata arsa viva dal suo ex fidanzatino, è uno dei casi che rimarrà nella memoria della gente per le atrocità subite e per le età dei ragazzi coinvolti, entrambi minorenni.Prima di lei, a Palermo la diciassettenne Carmela, uccisa per aver fatto scudo con il suo corpo alla sorella, proteggendola dalla furia assassina dell’ex fidanzatino, che non accettava la fine della loro relazione. Per ogni denuncia di violenza che emerge c’é un ‘sommerso’ di centinaia di storie di donne,di madri e dei figli che vivono con loro, sottoposti ad uno stillicidio psicologico e a maltrattamenti.
Una mano tesa verso le vittime la offrono i centri anti-violenza: in Italia ce ne sono 63 su tutto il territorio nazionale, ne servirebbero almeno uno ogni 10 mila abitanti. “Abbiamo accertato che tutte le donne che sono state uccise dal partner e che avevano denunciato le violenze – dice Elisa Ercoli, operatrice dell’Associazione Differenza Donna che gestisce i centri anti violenza per il comune di Roma – non sono passate attraverso un centro anti violenza, strutture create per offrire assistenza psicologica, legale e, nei casi che mettono a rischio l’incolumita” della vittime, offrono anche un alloggio in una casa protetta, alla donna e anche ai figli. Invece, quelle che hanno usufruito dell’assistenza in una struttura sono riuscite a superare la fase critica”. Ma sul territorio nazionale questi centri sono pochi, distribuiti a macchia di leopardo.
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